Kim Kardashian chiede la liberazione dei Menendez: “Non sono mostri”

04 Ott 2024 Anthony Festa • Tempo di lettura: 5 minuti

Kim Kardashian sui fratelli Menendez

Tre settimane fa Kim Kardashian in compagnia dell’attore Cooper Koch è stata in carcere a trovare Erik e Lyle Menendez. L’influencer (che è anche diventata avvocata) ha scritto una lunga lettera pubblicata dalla NBC, nella quale ha chiesto la scarcerazione dei fratelli Menendez ed ha spiegato come il secondo processo che hanno sostenuto non sia stato equo. Secondo Kim Kardashian nella sentenza di ergastolo hanno pesato più fattori, dall’esclusione di prove e testimonianze sugli abusi subiti dai due fratelli, fino al contesto e al clima pregno di pregiudizi e omofobia, quindi non favorevole alle vittime maschili di vi0lenze.

Kim Kardashian sui fratelli Menendez: “Erik e Lyle condannati prima che iniziasse il loro processo”.

“Siamo tutti i prodotti delle nostre esperienze. Esse plasmano chi eravamo, chi siamo e chi saremo. Fisiologicamente e psicologicamente, il tempo ci cambia e dubito che qualcuno possa affermare di essere la stessa persona che era a 18 anni. Io so di non esserlo! E credo che questo valga anche per gli altri.

Pensate di conoscere la storia di Lyle ed Erik Menendez. Io certamente pensavo di conoscerla: nel 1989, i fratelli, rispettivamente di 21 e 18 anni, hanno sparato ai loro genitori nella loro casa di Beverly Hills. Nel 1996, dopo due processi, sono stati condannati all’ergastolo senza possibilità di libertà vigilata. Come spesso accade, questa storia è molto più complessa di quanto appaia in superficie. Entrambi i fratelli hanno affermato di essere stati abusati, fisicamente ed emotivamente per anni dai loro genitori. Secondo Lyle, gli abusi sono iniziati quando aveva solo 6 anni, ed Erik ha detto di essere stato abusato dal padre per più di un decennio. Dopo anni di abusi e una vera paura per le loro vite, Erik e Lyle hanno scelto quella che all’epoca pensavano fosse la loro unica via d’uscita, un modo inimmaginabile per sfuggire al loro incubo.

Il loro primo processo si è svolto davanti a due giurie separate, una per ogni fratello. Le loro accuse di abusi hanno costituito il fondamento della loro difesa, con i familiari che hanno testimoniato a loro favore. Dopo aver ascoltato queste prove, oltre la metà dei 24 giurati ha votato non colpevole per le accuse di 0micidi0. Il processo è stato reso nullo.

Nel secondo processo il giudice ha cambiato le regole: entrambi i fratelli furono processati insieme davanti a una giuria unica, gran parte delle prove di abusi furono ritenute inammissibili. Ad alcuni testimoni del primo processo fu impedito di testimoniare sugli abusi, privando i giurati di prove cruciali. Il pubblico ministero, dopo aver fatto escludere le prove degli abusi ha deriso la difesa dei fratelli durante le sue arringhe conclusive. Erik e Lyle stati condannati all’ergastolo senza possibilità di libertà vigilata e sono rimasti in carcere per quasi 35 anni e la loro unica via d’uscita dalla prigione era la morte.

Erik e Lyle non avevano alcuna possibilità di un giusto processo in quel contesto. All’epoca, le risorse per le vittime di abusi, in particolare per i maschi, erano limitate. Non esistevano praticamente sistemi per supportare i sopravvissuti e la consapevolezza pubblica del trauma dell’abuso maschile era minima, spesso offuscata da giudizi preconcetti e omofobia. Potete negare che se i fratelli Menendez fossero state le sorelle Menendez il sistema giudiziario le avrebbe trattate con più indulgenza?

Derubati della loro infanzia dai genitori, poi derubati di ogni possibilità di libertà da un sistema giudiziario penale desideroso di punirli senza considerare il contesto o comprendere il “perché”, e senza preoccuparsi se la punizione fosse adeguata al crimine, Erik e Lyle furono condannati prima ancora che il processo iniziasse”.

“Erik e Lyle non sono dei mostri”.

“Ho trascorso del tempo con Lyle ed Erik; non sono dei mostri. Sono uomini gentili, intelligenti e onesti. In prigione, entrambi hanno precedenti disciplinari esemplari. – ha continuato Kim – Hanno conseguito diverse lauree, hanno lavorato come assistenti per anziani detenuti in hospice e sono stati mentori in programmi universitari, impegnati a restituire qualcosa agli altri.

Quando ho visitato la prigione tre settimane fa, uno dei direttori mi ha detto che si sarebbe sentito a suo agio ad averli come vicini. Ventiquattro membri della famiglia, compresi i fratelli dei genitori, hanno rilasciato dichiarazioni a pieno sostegno di Lyle ed Erik e hanno rispettosamente chiesto al sistema giudiziario di liberarli.

Se questo crimine fosse stato commesso e processato oggi, credo che l’esito sarebbe stato radicalmente diverso. Credo anche fermamente che sia stato loro negato un secondo processo equo e che l’esclusione di prove cruciali di abuso abbia negato a Erik e Lyle l’opportunità di presentare pienamente il loro caso, minando ulteriormente l’equità della loro condanna.

Ora che il loro caso è di nuovo sotto i riflettori, e considerando la lettera del 1988 scritta da Erik al cugino in cui descriveva gli abusi, la mia speranza è che le condanne all’ergastolo di Erik e Lyle Menendez vengano riconsiderate. Lo dobbiamo a quei bambini che hanno perso la loro infanzia, che non hanno mai avuto la possibilità di essere ascoltati, aiutati o salvati”.

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