Giorgio Minisini: “Mi hanno sempre chiesto se fossi gay. La bellezza non ha genere”
18 Ago 2022 Anthony Festa • Tempo di lettura: 3 minuti
Chi da piccolo ha preferito la danza, la pallavolo, la ginnastica artistica al calcio si sarà sentito fare mille domande dai compagni (e avrà subito giudizi più o meno taglienti) ed è quello che è accaduto a Giorgio Minisini quando ha iniziato a fare nuoto artistico. In una società piena di pregiudizi, di binari da seguire e di scelte ‘obbligate’, essere sé stessi non è facile, soprattutto da bambini (alla faccia del mostro gender di cui parla la tizia secondo cui ‘Mussolini è stato un ottimo politico’).
Per fortuna molti superano gli ostacoli fatti di tabù e pregiudizi e questo è il caso di Giorgio Misini che in questi giorni all’Europeo di Roma si è portato a casa ben quattro medaglie d’oro (nel duo misto programma tecnico, nel duo misto programma libero, nel solo programma tecnico e nel solo programma libero). Ovviamente anche per lui la strada non è stata facile, non come i compagni che hanno scelto sport che per gli indottrinati sono ‘da maschi’.
Parliamo di storia di chi ha scritto la storia Giorgio #Minisini ha vinto ben 4 medaglie d’oro a #Roma2022 pic.twitter.com/0N1NndXb9g
— Fanpage.it (@fanpage) August 15, 2022
Giorgio Minisini al Corriere e La Repubblica: “Vittima di pregiudizi, mi chiedevano sempre se fossi gay”.
“Fare nuoto sincronizzato doveva per forza essere associato all’essere omosessuale. Quindi con un doppio pregiudizio da affrontare: primo che mi etichettassero come qualcosa che non ero, e poi che lo considerassero, eventualmente, un male. Sapevo che la domanda “ma è gay?” veniva posta di continuo alle mie compagne e io dovevo sempre far vedere di essere quello che sono e anche di non essere quello che non sono. Però onestamente, di questo non mi è mai importato.
Se fai nuoto sincronizzato sei omosessuale: è un accostamento che mi accompagna fin da quando ero bambino. L’espressione gay per me non è un’offesa, ma la minaccia della presa in giro faceva sì che non mi esponessi, a scuola con gli amici, a volte anche nello sport. Quanti pregiudizi, quante smorfie ho dovuto subire prima di far capire che il nuoto sincronizzato non è uno sport solo femminile.
Ho sempre dovuto dimostrare chi ero, di valere qualcosa, di avere un senso, di non essere un fenomeno da baraccone. Dovevo rendere conto agli altri di quello che facevo, vergognarmi delle mie passioni. Nel mio piccolo è stata una sofferenza. L’ho superata solo quando ho capito che se vogliamo una società più bella, dobbiamo accettare di essere come siamo, a prescindere dalle etichette. L’essere macho, la virilità dell’uomo non esiste più: ogni uomo, ogni donna, può essere il massimo per quello che è. La bellezza non ha genere. Sono contento che le nuove generazioni non vivranno quello che ho vissuto io, hanno iniziato con uno sport che ha uno spazio nel mondo. Spero che mi superino presto, lo sport è andare avanti, se sei da solo non sei davanti a nessuno.
Ricordo di aver sempre dovuto dimostrare qualcosa. Anche sulla sessualità, quand’ero bambino, ho sempre dovuto dimostrare quello che ero, sebbene fossi certo del mio essere etero. L’espressione gay per me non è un’offesa”.